TIBET - BON - BAUDDHA
TIBET - BON - BAUDDHA

TIBET

BON

170 A.C. – …

Le prime tracce storiche di una civiltà sociale in Tibet si hanno nel 170 a.c. con la salita al trono del re Lha Tho-tho-ri che probabilmente riunisce sotto il proprio dominio stabile varie tribù nomadi di pastori. Prima e dopo questa data non vi sono tracce certe di pratiche religiose particolari che possano determinare una vera e propria adozione di un culto così denominabile, nonostante che quelli successivi attestino la loro origine addirittura allungando le radici fino al 20.000 a.c.. In questo periodo e fino al 622 i culti rimangono ancora quelli primitivi animisti e sciamanici influenzati dalle grandi religioni Iraniche e Indiane in un sincretismo che sarà poi il fertile terreno della commistione Bon e Bauddha che si verrà a formare nei secoli successivi. D’altra parte, l’intero corpus Bon è una serie infinita di anacronismi e interpolazioni, le cui fonti si rivelano essere degli scritti creati ad arte e rinvenuti in guisa di tesori nascosti dagli avi che appaiono nei momenti topici della lotta per il potere fra la classe sacerdotale originaria e le forti immigrazioni di monaci Bauddha i quali vengono a portare un nuovo culto colmo di speranza e di opportunità per il raggiungimento della pace eterna, il Nirvāṇa, attraverso l’illuminazione.

La mitologia tibetana colloca la nascita della religione Bon fra il 23000 e l’8000 a.c., tanto per dare nozioni certe, in questo periodo tre fratelli Dagpa, Selwa e Shepa studiarono le dottrine Bon nel paradiso Sipa Yesang, apprendendone la conoscenza dal saggio Bumtri Logi Chechen. A seguito dell’apprendimento del Bon i tre fratelli fecero visita al dio della Compassione, Shenlha Okar, per chiedergli come fosse per loro possibile divulgare questa conoscenza a tutta l’umanità quotidianamente sommersa dalle pene della sofferenza. La divinità consigliò loro di agire in qualità di guide nelle successive tre epoche del mondo, ognuna delle quali fu assegnata ad uno diverso di loro. Il fratello maggiore, Dagpa, fu la guida dell’epoca passata del mondo, il secondo fratello, Selwa, prende il nome di sTon-pa gShen-rab anche conosciuto come gShen-rab Mi-bo, sommo sacerdote, semidio che diviene il maestro e la guida dell’epoca presente indicativamente intorno al 2000 a.c., durante questo periodo il demone Dhyabpa Langrin, cerca in ogni modo di contrastare l’attività di gShen-rab Mi-bo, ma alla fine questi riesce non solo a sconfiggerlo ma addirittura a convertirlo. Infine, verrà il momento del fratello minore, Shepa, che sarà la guida dell’umanità nel tempo futuro, la Parusia è una componente comune a quasi tutte le religioni che convalida il tempo passato, arresta il tempo presente e proietta nel tempo a venire che sarà la culla della conoscenza.

Dei tre fratelli è ovviamente l’opera di gShen-rab Mi-bo a trasformarsi nella religione g-yung drung Bon che basa la propria cosmogonia nel primo Dio del mondo Yan-dar Gyalpo, essenza presente da sempre, la potenzialità indefinita di esistenza quando ancora il mondo non era, non c’erano né sole né luna, né tempo né stagioni. Da Yan-dar Gyalpo furono generate due luci una nera che genera l’uomo nero, il principio della negazione, la negatività, che sarà portatore di malattie e sciagure per l’umanità e una bianca che genera l’uomo bianco, il dio positivo e luminoso principio di ogni bene. gShen-rab Mi-bo trascorre la sua presenza terrena nei pressi del monte Kailash in Cina, probabilmente il mitico regno di Zhang Zhung cui più volte fa riferimento il culto Bon, considerato la culla della cultura Tibetana. Qui diffonde la dottrina del g-yung drung Bon, il Bon della svastica, simbolo dell’immortalità, anche definito il Bon eterno, introducendo molte modifiche alle tradizioni locali basate su riti sciamanici e sacrifici di animali, yak, cavalli e ovini e pare, anche se raramente, sacrifici umani, sostituendo le vittime animali con simulacri, modificando in modo radicale le manifestazioni cultuali e culturali preesistenti di fatto dando vita alla religione Bon. Il culto fino a quel momento basato su riti volti ad ingraziarsi le varie divinità ancestrali si trasforma in una introspezione, il Bon della mente, che illustra la natura della mente attraverso la recitazione di formule prestabilite, rappresentando l’origine stessa del pensiero e della filosofia tibetana. Il drastico cambiamento da pura ritualità a filosofia richiede ovviamente una preparazione culturale sufficiente alla comprensione e questo avvalora la leggenda che racconta del passaggio di gShen-rab Mi-bo sugli altipiani del Tibet con la promessa di un futuro ritorno delle sue parole in quanto la popolazione esistente non è ancora in grado di comprendere e apprendere la sua dottrina. Ancor più dà efficacia al sistema del rinvenimento dei tesori nascosti, i testi fondamentali della rinata e questa sì storica religione Bon che ha il suo inizio intorno all’anno 1000. gShen-rab Mi-bo, il sommo sacerdote o meglio ancora il sommo sciamano, viene arbitrariamente collocato dall’agiografia Tibetana intorno al 2000 a.c. con la peculiarità innata di Illuminato, al pari di ciò che per il Bauddha rappresenta il Buddha Sākyamuni, Gautama Buddha; di cui quest’ultimo addirittura non sarebbe altro che una manifestazione posteriore; questa affermazione è il fondamento della supremazia Bon sul Bauddha dichiarando esplicitamente che la religione Indiana altro non è che la manifestazione fuori dal Tibet di ciò che nel Tibet già c’era. In realtà dai testi rinvenuti nel Dunhuang a gShen-rab Mi-bo non sarebbe attribuita la fondazione del culto Bon ma solo un prestigio religioso particolare soprattutto nei rapporti fra vita e morte. gShen-rab Mi-bo nasce nella regione di ‘Olmo Lung-ring, situata nel regno fantastico di Zhang-Zhung ma anche e più probabilmente nel sTag-gzig, indicativamente quello che sarebbe l’odierno Tagikistan e da qui estende la propria influenza diffondendo il suo credo nel Tibet dove troverà fortuna a fasi alterne. 

gShen-rab Mi-bo

La dottrina di gShen-rab Mi-bo che viene riesumata quale tesoro nascosto è composta da due testi, il primo e più antico è i Quattro Portoni col Tesoro Cinque il secondo è i Nove Mezzi, bKa’ ‘gyur, più diffuso, che racchiude tutte le pratiche religiose Tibetane. I Quattro Portoni col Tesoro Cinque è suddiviso in cinque categorie: Le Acque Bianche dove sono elencati gli incantesimi e le pratiche esoteriche, del tutto simili a quelle del Bauddha Vajrayāna; Le Acque Nere contengono i riti di predizione e oracolari, quelli di guarigione e dei riti funebri in questo testo sono evidenti la pratiche sciamaniche prebauddha che evidenziano la reale origine del Bon; Il Paese di ‘Phan che si rifà alla Prajñāpāramitā del Bauddha Mahāyana, il Sutra della Perfezione della Saggezza, contenente le indicazioni per raggiungere l’Illuminazione; Il Precettore, dove sono contenute le direttive dottrinali del rDzogs-chen per il risveglio dell’essenza primordiale; La Sommità, dove sono elencate le generalità delle precedenti categorie. Il bKa’ ‘gyur è suddiviso in due sezioni nelle quali sono elencati appunto i nove mezzi per l’Illuminazione: il Bon della Causa, lontano dalle dottrine Bauddha più clericali ma molto simile alle pratiche Bahudda popolari in cui sono raggruppati i primi quattro mezzi; lo gShen dei Sortilegi che individua le pratiche medianiche e le tecniche di divinazione, in pratica identico a Le Acque Nere, dove sono elencati i metodi per la tutela della propria vita e al superamento di ogni tipo di ostacolo all’esecuzione delle pratiche religiose; lo gShen della Realtà Apparente, tutti i riti apotropaici e le pratiche esorcistiche volte alla protezione del fedele nelle sue funzioni corporali, orali e mentali da officiare ai numi tutelari e agli dèi; lo gShen dei Prodigi, il primo dei mezzi meditativi vero e proprio in cui si individuano le modalità di evocazione di numi tutelari per superare ed eliminare le forze visibili e invisibili che ostacolano la crescita dell’essenza non facendole sparire ma accettando la loro esistenza riducendole a una dimensione mentale di inoffensività; lo gShen dell’Esistenza, riti per ritardare il momento della morte e quando questo dovesse arrivare, i riti e le pratiche per rendere sereno il passaggio nell’aldilà e permettere una migliore rinascita nel Saṃsāra. La seconda sezione, il Bon dell’Effetto, analogo a quanto catalogato nel Bauddha, elenca le pratiche relative ad ogni stadio di crescita all’interno della via Bon per l’Illuminazione: I fratelli Laici, l’elenco delle azioni virtuose e peccaminose a cui devono attenersi o astenersi i laici e il clero secolare; I Contemplativi in cui sono elencate le norme di condotta dei monaci ordinati; L’A Bianca, le tecniche meditative attuate anche tramite Maṇḍala, i disegni circolari che esternano l’io, incentrate sulla lettera A, l’ultima dell’alfabeto Tibetano, corrispondente al nostro Omega Ω e rappresentante il punto finale della fede, lo stato di Illuminazione; lo gShen Primordiale che introduce pratiche sessuali strettamente legate alla meditazione nella funzione di Generazione e di Compimento in cui si compenetrano l’attività fenomenica e la trascendenza nella loro perfetta integrazione; l’Insuperabile, le pratiche rDzogs-chen, l’elenco di tutte le pratiche per l’Illuminazione suddivise fra quelle della trasmissione orale, originaria del periodo dello Zhang Zhung, i precetti scritti, relativi ai Tesori riesumati e le istruzioni sull’A per la realizzazione dell’assoluto, il tutto parimenti riscontrabile nei nove mezzi dell’Antica Tradizione Dharma prebauddha che già in tempi antichi ha contaminato le pratiche sciamaniche dei culti Tibetani.

Risulta ad oggi praticamente impossibile determinare un’attendibile cronologia dell’evoluzione del Bon al di fuori del suo rapporto, quale contrapposizione, con il culto Bauddha; pertanto, va preso come “da sempre” ciò che solo dal 1000 risulta essere vero e proprio dogma Bon. D’altra parte, il concetto di religione nella regione tibetana non deriva dalla cultura autoctona tanto che non esiste nella lingua originaria un termine che si possa tradurre con religione e nemmeno con spiritualità, ovvio che questo tutto indefinito possa essere modificato e manipolato senza riguardo. Le due grandi fedi presenti sull’altopiano hanno una propria definizione, Chos per il Bauddha e Bon ma i fedeli non si definiscono con tali termini ma utilizzano una espressione che non identifica il credo ma soltanto la loro religiosità; indifferentemente dalla loro fede si definiscono Nang pa, interni, ossia interni al regime religioso, qualsiasi dei due esso sia, oppure Phyi pa, esterni, ossia non appartenenti ad alcuno dei due sistemi religiosi. Ulteriore equivoco è provocato dal fatto che i Tibetani abbiano indicato con il termine Bon sia la loro attuale fede che quella primitiva, completamente diversa tanto da potere assolutamente escludere che l’attuale religione possa essere un’evoluzione delle antiche credenze dell’altopiano.

Prendendo per assunto quanto riportano i rimaneggiatissimi testi Bon dopo una prima fase primitiva in cui le popolazioni erano dedite a culti animisti e allo sciamanesimo si colloca la venuta di gShen-rab Mi-bo che trasforma la visione religiosa in un ambito più spirituale, da questo momento non cronologicamente definito o definibile si hanno tracce certe dell’appellativo Bon solo intorno al 700. Dai testi rinvenuti nelle grotte di Dunhuang nel nord della Cina all’estremità settentrionale dell’altopiano del Pamir, si rileva che con il termine Bon po, gli Invocatori o i Salmodiatori, vengono indicate le alte classi sacerdotali a cui era riservato officiare i riti più sacri che implicavano la recitazione di formule esoteriche da loro soli conosciute, almeno dal periodo della dinastia Yar-klung che regna nel Tibet dal 618 all’842, anche se tali riti sono molto lontani da quelli che diverranno la filosofia Bon dopo l’anno 1000, periodo in cui Bon e Chos finalmente individueranno due diversi culti che fino a quel momento erano indicati indifferentemente con il termine Bon.

Ovviamente come in ogni dinastia imperiale che si rispetti non può assolutamente mancare un mito che circondi di divinità le figure della famiglia reale, questa discenderebbe direttamente da ancestrali esseri discesi sulla terra, il primo di essi fu gNya’-khri bTsan-po, un semideo che discese i gradini della scala dei Dmu fino alla regione di Yar-klung, nel Tibet centrale, che darà il nome alla dinastia. Dall’apice del cranio una fune di luce iridescente lega gNya’-khri bTsan-po alle proprie origini a cui farà ritorno al momento della pseudo-morte cui si sottrarrà risalendo per mezzo della fune stessa senza lasciare traccia delle spoglie mortali. Intorno ai primi anni dell’era moderna Gri-gum bTsan-po, ottavo re della dinastia, interrompe maldestramente questa sacra tradizione, il nome esplicita chiaramente le sue sorti, il potentato ucciso dal coltello, la sua origine semidivina nulla può contro il fato, durante una colluttazione con un malfidato consigliere è egli stesso con la propria arma a recidere la fune e il nemico prontamente lo uccide. Si rileva in questo la necessità escatologica di quella religione pre-Bon praticata sull’altipiano di esperire congrui riti, che durano per anni, per le alte cariche al fine di assicurare loro una beata permanenza nell’aldilà evitando loro le regioni della sofferenza per tutto il periodo che sarebbe trascorso prima del ritorno a conclusione dell’era cosmica presente. I corpi vengono pertanto inumati in compagnia di ogni bene necessario all’attesa insieme ad animali domestici e servitori a completa replica nell’aldilà della vita trascorsa sulla terra. Proprio per esperire questi riti, che rimarranno immutati fino al 900 epoca della caduta della dinastia Yar-klung, arrivano in Tibet dal regno di Zhang Zhung, sacerdoti Bon po e Gshen. Questo particolare implica per i fedeli Bon la preesistenza della fede non il suo inizio in Tibet, in quanto tali sacerdoti specialisti sarebbero arrivati solo perché fino a quel momento non si era presentata la necessità di celebrare riti funebri data la non mortalità dei sovrani, tanto che lo stesso Gri-gum bTsan-po li avrebbe addirittura cacciati dal regno. Le specificità dei Bon po si attestano comunque ancora in riti sciamanici quali la divinazione e offerte sacrificali alle divinità delle montagne, che in una regione come il Tibet non potevano certamente che essere sacre e interpretare i numi tutelari della famiglia reale. È in questo periodo almeno stando alle affermazioni posteriori che, al momento della cacciata operata dallo sventurato Gri-gum bTsan-po, per la loro stessa salvaguardia, vengono occultati i testi religiosi che verranno poi opportunamente scoperti quali Tesori nascosti, andando a formare il corpus centrale della religione Bon posteriore, i Quattro Portoni, col Tesoro Cinque. L’esilio comminato da Gri-gum bTsan-po alla classe sacerdotale si può giustificare solo con una difesa politica del proprio potere, nel sovrano si concentrano tutte le proprietà divine dovute alla sua discendenza e quelle naturali della terra, egli è saggio e giusto e di sicuro non ha bisogno di condividere il potere con nessuno, quel potere che gli deriva dalla fune dei Dmu rappresentata dall’elmo pennuto e da ogni epiteto relativo all’altezza verso il divino come cielo e monti, il taglio della fune probabilmente indica soltanto la detronizzazione di Gri-gum bTsan-po e l’annientamento del suo potere assoluto grazie all’arrivo dei Bon po pronti ad instaurare in sostituzione il loro potere teocratico. A meno che gNya’-khri bTsan-po non sia un alieno, dubbio che più o meno lecitamente la descrizione di alcune divinità in molte religioni può balenare, e che il cordone tagliato fosse una sorta di cordone ombelicale tipo quello del palombaro, la cui recisione porta indubbiamente alla morte.

Ma è solo con la contaminazione del Dharma, Hindù e Bauddha, fra il 600 e l’800 che il Bon assume e consolida l’attuale forma completamente diversa da quella arcaica, anche se i fedeli affermano e credono il contrario nonostante le più che evidenti differenze; una per tutte la celebrazione di riti mortuari volti ad assicurare un’accettabile sosta nell’aldilà prima di un ritorno terreno nell’era successiva che improvvisamente diviene nel Bon moderno l’esecuzione di riti officiati al fine di emancipare il defunto dal ripetitivo Saṃsāra che lega il corpo alle nefandezze mondane per divenire nel Nirvāṇa . La contaminazione Bauddha continua ad operare anche durante il periodo dell’esilio Bon dal Tibet, il culto assume una definitiva fisionomia prospettica per ripresentarsi sotto la rinnovata veste intorno all’anno 1000 ad opera del re gShen-chen Klu-dga’. L’opera attuata dal monarca si attesta come tentativo di restaurazione dopo la caduta della dinastia Yar-klung nel tentativo di esautorare il sempre maggior potere finito nelle mani delle classi sacerdotali Bauddha, da questo momento il Tibet attraverserà periodi di alterno dominio religioso accompagnate anche da tremende stragi di religiosi nel tentativo, sempre vano, di attuare una supremazia assoluta sull’avversa cultura. Quando finalmente le due fedi riusciranno a sussistere pacificamente la lotta da religiosa diverrà apertamente politica e ancora oggi le sorti dell’altopiano, fagocitato unilateralmente dalla Cina, restano in bilico fra la sottomissione al comunismo e il desiderio di indipendenza religiosa nella pacifica convivenza delle due fedi. Al fine di realizzare il tentativo di restaurazione gShen-chen Klu-dga’ si affida alla rivelazione del culto Bon attuata attraverso la miracolosa scoperta di quei testi che sarebbero stati gelosamente celati dai Bon po in fuga, i quali divengono i Sacri Scritti Bon, rielaborati e rimaneggiati da lui stesso e dai suoi successori fino a divenire un esplicito plagio del culto Bauddha con la controversa affermazione di originalità. È chiaro che la fede Indiana con le sue ammalianti promesse di migliori rinascite e di affrancamento dalle pene aveva ormai conquistato il popolo e solo un credo paritetico ma autoctono, poteva scalzare il potere Bauddha, la verosimiglianza delle due fedi raggiunge il suo completamento nel 1405 quando viene fondato il primo monastero Bon, pratica invece mai attestatasi in nessun luogo, tempo o scritto precedente, dal re Shes-rab-rgyal-mtshan.

Le due fedi sono quindi cresciute ed evolute insieme impossessandosi l’una delle caratteristiche dell’altra, il Bauddha si appropria degli dèi, delle pratiche rituali e dei numi tutelari trasformandoli a proprio uso e consumo per favorire un dolce passaggio dalle credenze popolari alla fine filosofia Bauddha, creando una religione tutta nuova che si distanzierà dai principali filoni Hināyana e Mahāyana fino a sfociare nel Tantra Tibetano. Il Bon dal canto suo trasformerà sé stesso fino a farlo divenire in pratica un culto Bauddha moderato. Le differenze fra le due fedi sono per la maggior parte di carattere puramente formale nell’uso della terminologia e nell’onomastica delle divinità quelle più profonde sono pero insite nella considerazione dell’energia, il Bon non porta all’apprendimento del concetto di irrealtà dei fenomeni quanto a comprendere il funzionamento delle cose, dando più rilievo alla condizione relativa per il raggiungimento di questa conoscenza il Bon perfeziona i metodi meditativi per rafforzare e coordinare l’energia per affrontare le incertezze della vita seguendo particolari rituali. Il concetto principale è quello per cui l’essenza si fa carne nella dimensione umana manifestandosi in una nuova condizione lo Ye Nam dove Ye, principio, ha anche il significato di positivo e Nam invece di negativo a rappresentare l’oscurità; partizione molto più ben conosciuta nella tradizione cinese di Yin e Yang. Il Bon affronta questa particolarità di incertezza dell’essenza umana attraverso la pratica dello rDzogs-chen la più alta conoscenza esoterica di questo culto, tanto da aver influenzato anche il Bauddha Tibetano tra i cui praticanti annovera addirittura l’attuale Dalai Lama. Il fine dello rDzogs-chen è quello di risvegliare l’individuo allo stato primordiale di illuminazione presente in ogni essenza prima di assurgere alla condizione umana e subire lo Ye Nam. Lo rDzogs-chen, la via dell’autoliberazione, è un metodo diretto, diversamente da altre pratiche presenti in Tibet. Lo rDzogs-chen è il riconoscimento dell’assoluta chiarezza e purezza della mente e non è pertanto necessario modificare ciò che è già perfetto di per sé stesso, né cercare all’esterno quella concretizzazione che invece è già da sempre stata sua quindi per il tramite della meditazione rimane nella propria natura autoilluminata della mente che è la sorgente assoluta di tutti i fenomeni. Per intraprendere questa via ci sono addirittura pratiche Yoga del sonno e del sogno attraverso le quali si arriva a controllare il sogno per renderlo uno strumento capace di far progredire l’essenza umana nella via spirituale. Il fenomeno diventa non oltre la mente ma parte integrante di essa. Tutto ciò che accade in realtà non accade, diviene, tutto ciò che accade è parte e parto della mia essenza da sempre illuminata, io sono Dio, Dio è in me.

KUN-TU-BZAN-MO: energia femminile, grande madre creatrice di tutti i Buddha.

KUN-TU-BZAN-PO: dio supremo Bon. Infinitamente buono e creatore del mondo da un grumo di muco. Dà la vita agli uomini da un uovo, si completa con Kun-tu-bzan-mo.

LHA: spiriti del cielo.

MA-MO: gruppo di otto demoni femminili che rappresentano gli otto tipi di conoscenza, signore dei giuramenti, colpiscono con la sventura gli uomini che infrangono i voti sacrificali.

dMU: spiriti del cielo il cui dio è dMu-bdud kam-po sa-zan.

gNYAN: spiriti portatori di malattia, in special modo la peste. Abitano negli alberi e nelle pietre.

PEKAR: principe dei demoni, ma anche dio, cavalca un leone bianco a guardia del nord.

SANGS-PO’BUM-KHRI: dio governatore del mondo attuale.

SHE IHA ÖKAR: dio della luce bianca da cui sono usciti per emanazione tutte le divinità. Nel filone Lama del Bauddha diviene dio della saggezza.

gSHENRAB: sacerdote redentore porta agli esseri la dottrina che libera dal dolore. Fondatore della religione Bon, il culto prebauddha del Tibet, sciamanico e magico legato alle influenze maligne che ogni cosa che circonda l’uomo può avere su di esso. Danze, trances e amuleti servivano a tenere lontane le disgrazie. Rappresentato seduto su di un loto con lo scettro con la Svastika in mano con abiti regali come un Bodhisattva o vestito da monaco con la spalla destra scoperta come Buddha a significare l’illuminazione e la sua finale rinuncia al mondo.


MANDALA

BAUDDHA

622 – …

La storia, culturale e religiosa del Tibet è aspra e complicata come il suo paesaggio, un territorio impervio, con un’altitudine media di quasi cinquemila metri, esteso attualmente quanto più di due volte la Francia e con poco meno di quattro milioni di abitanti dediti per la maggior parte all’agricoltura e all’allevamento degli yak, così lo vede la Cina. Il governo tibetano in esilio lo vede invece come un territorio impervio, con un’altitudine media di quasi cinquemila metri, esteso quanto quattro volte la Francia e con poco meno di sei milioni di abitanti dediti per la maggior parte all’agricoltura e all’allevamento degli yak. Sicuramente i complicati e controversi rapporti con la Cina hanno determinato nei secoli una serie di contrasti che hanno visto passare il Tibet, in millecinquecento anni, da dominatore a sottomesso, sicuramente una perla di cultura spirituale come il Tibet poco ha gradito di perdere l’indipendenza nel 1949, dopo soli quarantotto anni di libertà inseguita per secoli, più o meno quanto Nizza, Savoia e Istria sono stati territori italiani, sicuramente ci saranno dei motivi economici per i quali la Cina comunista si è serenamente riannessa la regione dopo la rivoluzione capeggiata da Mao Tse-tung, sotto tutte quelle inospitali rocce, fra le quali l’Everest, chissà quali tesori minerari ci possono essere, quasi certamente ci sono dei motivi politici per i quali la Cina comunista si è serenamente riannessa la regione dopo la rivoluzione capeggiata da Mao Tse-tung, imponendo la sua pesante presenza all’acerrima nemica India, sicuramente il nazionalismo di una cultura ultravariegata, pacifica, accogliente, che per millenni si è artificiosamente creata una propria identità pur di affermare di essere la sola e unica depositaria della vera Via per l’Illuminazione, poco gradisce le ingerenze politiche e culturali della Cina, sicuramente la distruzione di templi e luoghi sacri ha acuito l’odio per quello che è considerato un invasore, sicuramente venire soffocati inesorabilmente dopo aver dato un paio di illusorie boccate d’aria fresca non può che alimentare l’astio nei confronti dell’oppressore, sicuramente il pensiero liberale occidentale moderno che nulla conosce di quel territorio se non i soprusi subiti e enfatizzati perché procurati dall’economicamente pericolosa Cina comunista e non diversi da quelli che diverse decine di paesi nel mondo soffrono a causa di altri paesi oppressori, del tipo Kurdi oppressi da Turchi e Palestinesi oppressi da Israeliani, vorrebbe un mondo democratico e libero, nei territori degli altri ovviamente, sicuramente, ma il Tibet di oggi è figlio della propria storia e della necessità di costruire un’identità consolidatrice in mezzo al freddo del nulla del Pamir, attingendo inopinatamente intorno a sé tutto lo spirituale che sia stato possibile creando un paese di pace che non appena si è consolidato politicamente ha iniziato a passare da un’occupante all’altro senza soluzione di continuità dal 1271 con la dominazione Mongola di Kubilai Khan fino ai giorni nostri con l’annessione cinese. Affermare che il Tibet debba essere indipendente è dovuto e sacrosanto tanto quanto lo devono essere il Saharawi, l’Armenia turca, il Kurdistan Turco, siriano e iraniano, la Palestina, la Catalogna, i Paesi Baschi, la Scozia, Taiwan, e perché no, i paesi del CFA vessati economicamente dalla Francia, gli Aborigeni australiani, i Nativi americani e gli Indios dell’Amazzonia. Affranchiamoci quindi dal moderno pietismo e godiamoci il Tibet per quel guazzabuglio mirabolante di spiritualità di cui è stato privato ma che ha donato al mondo. D’altra parte, l’India non è Bauddha, Israele non è Cristiana e nemmeno nel Dakota invocano Manitù. Il Tibet non ha bisogno di indipendenza, il Tibet ha bisogno di giustizia, come d’altra parte lo hanno quasi tutti i territori appartenenti alla Cina.

L’introduzione del Bauddha in Tibet fonda le proprie origini nel 170 a.c. durante il regno di Lha Tho-tho-ri, cominciando da subito la competizione con il culto indigeno Bon. La leggenda narra che sul palazzo reale sia caduto dal cielo il Sūtra sPang skongphyag brgya pa, nel quale erano contenute le dieci virtù del Dharma, altre versioni parlano di più Sūtra insieme ad uno Stūpa e vari oggetti sacri. I testi in sanscrito risultarono incomprensibili ai tibetani di allora ma pensarono bene di conservarli gelosamente nell’attesa che si verificasse la profezia che un giorno sarebbe arrivato colui che avrebbe utilizzato quei testi per evangelizzare il Tibet. Devono passare settecentonovantadue anni prima che la profezia trovi il suo compimento e lo fa nella persona di Srong-btsan sGamp-po, trentatreesimo re della dinastia Yarklung eroe civilizzatore divinizzato, conquistatore, guerriero spietato, politico sopraffino che unifica sotto il proprio dominio il territorio tibetano conquistato a Cina, Nepal e al mitico Zhang-zhung, forse la parte settentrionale del Tibet odierno. Srong-btsan sGamp-po è in effetti il primo sovrano storico del Tibet, che elegge lHa-sa a capitale ed erige sul Poggio Rosso il proprio maniero che diverrà mille anni dopo il centro religioso del Potala.
 

IL PALAZZO DEL POTALA

Srong-btsan sGamp-po si converte al Bauddha grazie all’influenza di due delle sue mogli, la principessa nepalese Bhrikuti e la principessa cinese Wencheng entrambe di culto Bauddha, che lo introducono al Dharma, le due principesse saranno successivamente canonizzate come manifestazioni della dea Tārā venuta a convertire il Tibet. Sarà il sovrano quindi ad incarnare la profezia alla perfezione, i testi incomprensibili secoli prima saranno non solo tradotti grazie a lui ma viene creata una nuova grammatica e coniati neologismi per adattare la lingua tibetana ai significati dei testi in sanscrito; invia missioni in Nepal e Cina per approfondire la conoscenza delle varie trascrizioni dei Sūtra, ma agisce allo stesso modo anche per approfondire la conoscenza del Ju, non si sa mai. A Srong-btsan sGamp-po è attribuita anche la promulgazione delle sedici regole di condotta morale che adeguerebbero le norme civili alle virtù del Dharma, in realtà tale editto sarà promulgato centocinquanta anni dopo de Khri Srong-Ide-btsan manifestando invece una decisa influenza Ju. Tutto era utile pur di poter affermare e confermare la corrispondenza della profezia nella figura del sovrano divino e cancellare la sua vera opera di conquistatore militare. A conferma e sostegno della sacralità di Srong-btsan sGamp-po, Khri Srong-Ide-btsan e Khri gTsug-lde-btsan, meglio noto come Ral-pa-can, verranno insigniti secoli dopo con l’appellativo di Dharmarāja, Re del Dharma, identificandoli rispettivamente come gli Avatāra di Avalokiteśvara, Mañjuśrī e Vajrapāṇi.

Circa cento anni dopo il tentativo di ampliare l’influenza Bauddha avanzato dal sovrano Khri lDe-gtsug-btsan trovò invece l’opposizione della consorte cinese Jincheng e per superarla questi si rivolse all’imperatore della Cina per ricevere testi Bauddha che però giunsero a corte dopo il suo assassinio. Il giovanissimo figlio Khri Srong-lde-btsan fu così preda dei dignitari avversi al Dharma che reintrodussero a corte il Bon. Una volta cresciuto approfondi però le sue conoscenze delle altre religioni, avvicinandosi al Dao e alle controverse dispute sul primato temporale fra Lao-tzu e il Buddha Śākyamuni, e al Dharma per il quale esprime predilezione arrivando ad emettere un editto nel 761 in cui si esplicitavano le modalità di reintroduzione del Dharma nel Tibet. Oltre a quanto di sacro ci sia stato nelle sue intenzioni, la mossa aveva evidenti mire di politica internazionale tentando di mettere il proprio paese in luce adeguandolo religiosamente alle vicine potenze e affrancandolo da una religione arcaica e regionale. Per mettere in atto il proprio piano invitò l’abate Śāntarakşita al fine di fondare il primo monastero Bauddha in Tibet ma la resistenza dei fedeli Bon costringe il monaco a desistere e rinunciare all’incarico; viene così invitato il Gurū Padmasambhava, foriero di dottrine e pratiche iniziatiche che posero lo stesso tema su un piano più attraente introducendo così il misticismo Tantra in Tibet, l’espediente riuscì perfettamente e Padmasambhava fondò il monastero di bSam-yas consacrato nel 779, l’evento favorisce il ritorno di Śāntarakşita che ordina i primi sette monaci, scelti tra la nobiltà di corte, la cerimonia si svolge con l’aiuto di monaci provenienti dall’India, della corrente Mūlasarvāstivāda, introducendo così in Tibet quelle norme di condotta che diverranno e rimarranno la regola del dharma Tibetano.

Ovviamente i potentati Bon non rinunciarono ai benefici della loro influenza e convinsero il sovrano a far esaminare e trascrivere in varie lingue alcuni testi Bon provenienti dalla Zhang-zhung ma questo acuì gli scontri religiosi fino a costringerlo a indire nel 784 una disputa religiosa che vide scontri dialettici ma anche paranormali, il Dharma ne esce vittorioso e il risultato porta a numerose nuove conversioni ma anche ad esili, attuati ovviamente celando i testi Bon pronti ad essere miracolosamente riscoperti quando ce ne sarebbero state le possibilità. La lungimiranza del sovrano Khri Srong-lde-btsan e del suo successore Khri lDe srong-btsan li invita a promulgare due ordinamenti con i quali si cerca di allontanare i fedeli dal Vajrayāna, l’interpretazione personale di alcuni precetti quali il Congiungimento dei principi complementari e la Liberazione delle forze negative, portava sempre più di frequente all’abuso di atti di Coito Sacro e di omicidio giustificati dalla fede; la deviazione della religione verso il Bauddha indiano e la mite spiritualità dei Sūtra diviene strumento per moderare i focosi animi tibetani ancora legati alla loro religione primordiale, non cancellata dal Bon ma alla quale il Bon si era sostituito portandosi dentro divinità e riti scaramantici che erano stati e rimanevano quindi religione. Il tentativo è quindi quello di emancipare lo stato dall’arretratezza culturale e si consolida nel 791 con la proclamazione del Dharma a Religione di Stato. L’intento però viene presto frustrato, la forzatura attuata negli anni di voler a tutti i costi introdurre il Dharma decantandone le alte e spirituali qualità aveva costretto ii vari sovrani a numerosi tentativi introducendo correnti e filosofie simili nella loro origini ma diametralmente opposte per cui le scissioni naturali che nei secoli avevano contraddistinto il Bauddha dividendolo culturalmente ma anche logisticamente, si ripresentano urgenti in un Tibet smarrito e invaso contemporaneamente da versioni diverse della stessa religione che si affermavano nelle varie regioni a seconda degli interessi dei vari signori del luogo; comincia così una lotta intestina che non vede certamente assenti i partigiani del Bon e che ne decreta per circa duecento anni una marcia indietro all’incertezza teologica.

Le correnti Bauddha si dividono principalmente i due movimenti, uno di origine indiana che auspica un graduale percorso nella Via, attraverso una crescita che possa portare all’Illuminazione; l’altro di origine cinese che introduce ad una Via di Illuminazione simultanea in cui si trascende il relativismo arrivando alla conoscenza della realtà. Khri Srong-lde-btsan cerca di risolvere la questione indicendo tra il 792 e il 794, un Concilio da lui presieduto e dal quale, guarda caso, ne esce ufficialmente vincitrice la corrente indiana, ma solo sulla carta. La conclusione del Concilio determina la promulgazione di un editto che ha come conseguenza una violenta reazione dei seguaci della corrente cinese con suicidi e automutilazioni ma anche con l’uccisione di Maestri Dharma, ovviamente la corrente perdente continua a sussistere come il Vajrayāna, il Bon e la religione primordiale, nulla è cambiato, gli eretici abbandonano le regioni centrali per prolificare altrove, non senza aver nascosto accuratamente i propri testi quale beneficio per i posteri che guarda caso li rinverranno prodigiosamente.

Nel frattempo, dal 815 il potere centrale ancora cerca di sradicare le vecchie credenze e di dare nuovo slancio al Dharma con Khri gTsug-lde-btsan, conosciuto come Ral-pa-can, colui dalla lunga chioma, epiteto di Īśvara, Coscienza Assoluta del Brahman di origine Hindù, tanto per mescolare ancora un po’ le carte. Durante il suo regno si riattiva alacremente la traduzione di testi Bauddha applicando però una nuova metodologia tramite la redazione del Mahāvyutpatti, un lessico etimologico dei termini Bauddha in Sanscrito e tibetano che non si limitava alla mera traduzione ma all’analisi semantica dei vocaboli per una migliore comprensione della più che complessa Dottrina del Dharma. Ma in Tibet non c’è pace, nel 836 Khri gTsug-lde-btsan viene ucciso dal fratello Glan Dar-man, appoggiato dai suoi sostenitori di fede ancestrale, sale al potere reintroducendo gli antichi riti ma nel 842 un monaco Bauddha lo trafigge mortalmente con una freccia. Con la sua morte il potere si disgrega, la monarchia centrale finisce e il Tibet si frammenta fra i vari piccoli potentati, ognuno con la sua personale religione, corrente, scuola.

Con una spinta finalmente spirituale è solo intorno al 1000 che il Bauddha vede i primi bagliori di una ripresa che questa volta, non intimata, vedrà col tempo l’affermazione definitiva di un’autonoma corrente frutto della speculazione propria dei Monaci tibetani. I passaggi saranno complicati e numerosi per scindere l’antica tradizione, rnying ma, frutto di artificiosi tentativi di imposizione della Via, dalla nuova tradizione, gsar ma, frutto di artificiosi tentativi di definire la corretta via per la Via. Come nelle migliori delle usanze tibetane viene stabilito un metodo per definire quali testi siano attendibili e quali no, in modo da recuperare la verità delineando un confine innaturale, ovviamente questo limite viene correttamente e puntualmente identificato ma, come nelle migliori delle usanze tibetane, ognuno poi farà come gli pare. Il fantomatico limite viene individuato nel periodo a cui risalgono le traduzioni, gli scritti tradotti fino al 975 vengono classificati come Traduzioni antiche della Via dei Mantra Segreti, i Tantra, che diverranno i testi delle Scritture dei seguaci dell’Antica Tradizione; le traduzioni posteriori a tale data diverranno le Scritture della Nuova tradizione.

Il riavvicinamento al Bauddha si concretizza con un lento e laborioso ricongiungimento alle fonti indiane, andando così di fatto a limitare l’influenza del Vajrayāna e del Mahāyāna i cui esoterici ascendenti troppo spesso avevano portato in passato alla degenerazione in rituali che poco avevano di spirituale, almeno ci provarono ma siamo in Tibet, un conto è ciò che si dice un altro è ciò che si fa. Le cause della rinascita Bauddha inoltre furono forse più contingenti che religiose in quanto a causa delle invasioni islamiche molti Maestri Bauddha abbandonarono in fretta l’India andando a cercare rifugio sulle cime del Pamir e portando con loro una ventata di nuove e fresche speculazioni che ovviamente favorirono l’ulteriore aumento di scuole e correnti, che però in concreto poco o niente differivano fra di loro nella sostanza ma si distinguevano soprattutto per le origini e tutte insieme hanno contribuito a dar vita al Bauddha Tibetano che oggi affascina l’occidente, tra l’altro tutti gli ordini monastici, di qualsiasi corrente, da sempre hanno comunque mantenuto la regola dei Mūlasarvāstivādin.

Si cerca di fare ordine fra le correnti e le tradizioni sorte nel 800 e quelle in via di formazione dopo il 1000 ma è il sentimento spirituale che ormai aleggia sull’altopiano a concretizzarsi in fede e riti; sono i potenti, laici o religiosi non fa differenza, che cercano di creare confini per distinguere la propria ideologia dalle altre al solo fine di delineare il proprio potere ma il nuovo corso è ormai inarrestabile e fra mille peripezie troverà la propria identità nella profondità della meditazione e dell’affrancamento dal mondano. Si possono comunque individuare e circoscrivere le varie correnti e scuole, anche se è poi la loro evoluzione e reciproca influenza a dare un volto al Bauddha Tibetano.

La tradizione degli albori Bauddha del 600 dopo una prima espansione vede il declino dei nobili che la sostengono e si trascina stanca fino alla fine del 900, la cosiddetta Fase Anteriore vede affermarsi la corrente rNying ma, l’antica tradizione, così chiamata dopo il 1000 proprio da coloro che la individuano e la selezionano per definirla ormai trapassata e troppo intrisa di culti ancestrali della religione sciamanica pre-Bauddha e troppo legata alle ritualità Bon ma tutto questo non comporta chiaramente l’abbandono del culto ma la sua continua trasformazione, è del 1200 infatti l’elaborazione del Canone rNying ma ‘i rgyud ‘bum, i centomila Tantra della Tradizione Antica, redatto da fedeli che ancora lo professavano, inoltre fra i Maestri rNying ma ci sono esponenti che continuano a essere pilastri del Bauddha riformato come Padmasambhava e Vimalamitra e soprattutto Vairocana fondatore nel 800 della corrente rDzogs-chen che permane imponente nel culto attuale.

Il principale artefice della rinascita Bauddha è il re di sPu-rangs, lHa Blama Ye-shes-‘od, il quale abdica e si concede interamente al Bauddha finanziando nel 1010 la spedizione in Kashmir, alla ricerca di testi originali, di Rin-chen-bzang-po che sarà poi il più grande traduttore del paese e in parte artefice della selezione dei testi fra nuovi e antichi. L’entusiasmo che riporta in patria dà la spinta decisiva al culto che vede in breve tempo la fondazione di templi e conventi e lo svilupparsi di un alacre lavoro di traduzione e ordinamento dei testi. In questo ambiente fervente di innovazione arriva nel 1042 il Gurū Dīpaṃkara Śrījñāna, meglio conosciuto come Atisa, subito coinvolto dall’unicità di questa occasione, compone in breve il Bodhipathapradīpa, un compendio degli insegnamenti del Buddha suddiviso in tre diversi livelli di approfondimento fruibili così da tutti in base alle diverse capacità intellettive ed alla preparazione spirituale. Il testo diviene il fondamento della corrente bka’ gdams che poi si trasformerà nel dGe lugs e in particolare introduce il culto del Bodhisattva Ārya Avalokiteśvara ma anche, per non lasciare fuori niente, anche il Tantra Kālacakra, la ruota del tempo portando nelle nuove correnti l’idea del Mandala che si svilupperà come elemento fondamentale delle meditazioni. Fra i pochi monaci rimasti vi era ‘Brom-ston rGyal-ba ‘i byung-gnas che diviene subito discepolo di Atisa e suo erede spirituale, nel 1057 fonda l’ordine monastico bka’ gdams, i precetti del verbo del Buddha, che si contraddistingue per la stretta osservanza della regola e della purificazione mentale, blo sbyong, praticata dai bka’ gdams pa per giungere alla perfetta percezione del stong nyid, il Śūnyatā Bauddha, la vanita di Qoelet, la vacuità universale.

Il Bauddha Tibetano comincia ad avere la sua propria conformazione e riprende a espandersi nella regione, nel 1073 il principe dKon-mchog-rgyal-po fonda il monastero fortezza di Sa-skya, landa grigia, in cui si sviluppa la corrente Tantra fondata sui testi del ciclo dell’Hevajra. È un’esplosione di conversioni, di studi, di testi grazie soprattutto al favore dei signori feudali del luogo che vedono improvvisamente arricchirsi i propri possedimenti e ne favoriscono pertanto lo sviluppo. Il Sa-skya diviene la corrente principale e contribuisce alla formazione di eminentissimi Lama che verranno ricordati come Le Cinque Eminenze Sa-skya, tutti discendenti del fondatore. Fra questi Kun-dga’-snying-po che formula i principi del sistema spirituale Lam-‘bras, il Sentiero e il Traguardo, in cui si combinano l’aspetto essoterico dei Sūtra e quello esoterico dei Tantra per il riconoscimento della indivisibilità tra Saṃsara e Nirvāṇa, l’inevitabile sentiero per il raggiungimento dell’anelato traguardo appunto. Gli segue Kun-dga’-rgyal-mtshan, conosciuto come Sa-paṇ, abbreviazione di Sa-skya paṇḍita, il dotto dei Sa-skya, che redige un trattato sui limiti umani della conoscenza e la logica Bauddha, il Tshad ma rigs pa ‘i gter, e il sDom gsum rab dbye uno studio sulle diverse Dottrine dell’Hināyana, Mahāyāna e Vajrayāna.

Nel frattempo, il potere amministrativo del Tibet era tornato nelle mani della Cina che intorno al 1200 vede ai propri confini settentrionali addensarsi la minaccia mongola che irrompe e fonda nel 1206 l’Impero delle Steppe e nel 1247 giunge fino al Tibet con il suo sovrano Godan Khan il quale stila un accordo di tregua proprio con Sa-paṇ. Saranno poi i relativi successori a legare definitivamente e indefinitamente Khan e Lama, Blo-gross-rgyal-mtshan diviene precettore del mongolo più famoso, Kubilai Khan che nel 1276 fonda la Dinastia Cinese degli Yuan e di cui si narrano le gesta nel Milione di Marco Polo; il Khan diviene il protettore dei Lama. Si stabilisce per la prima volta il rapporto, comunemente detto Patrono e Prelato che vedrà i Lama come maestri spirituali dei Khan che seguiranno e i Khan protettori dei Lama, questo legame indissolubile si è protratto culturalmente fino ai nostri giorni e la completamente diversa visione dello stesso fra le parti interessate è la fonte principali delle odierne incomprensioni fra il Dalaimato, che ritiene di avere il potere spirituale e di conseguenza anche quello temporale sul Tibet mentre per il potere centrale Cinese a malapena ne riconosce il carisma spirituale. Questo rapporto, nato malato in quanto fondamentalmente solo per reciproche convenienze, ha fatto esplodere il suo pus nelle repressioni cruente del governo cinese che hanno portato all’uccisione di più di un milione di persone e milioni di deportati e profughi. Sì, forse il Tibet non ha bisogno dell’indipendenza ma ha sicuramente bisogno di giustizia.

Nel 1364 l’errata alleanza dell’ultimo esponente della corrente Sa-skya, Byan-chub-rgyal-mtshan, con il rivale Phang-gru, appartenente alla corrente bKa’-brgyud, vede la repentina ascesa di quest’ultimo alla guida del paese e la scomparsa dei Sa-skya dai vertici di comando. La nuova corrente prende quindi il sopravvento dal punto di vista politico con il suo massimo esponente e fondatore Mar-pa Chos-kyi-blo-gross al comando. I suoi studi erranti in India e nel Tibet lo portano a formulare il ciclo delle Sei Dottrine, un sistema di tecniche Yoga Tantra che si rifà ai Tantra Superiori della classe Anuttarayoga elencando una serie passaggi di generazione prima e di perfezione poi. Le Sei Dottrine sono dunque un percorso graduale la cui base di partenza però è già uno stadio avanzato di meditazione, si entra quindi nel campo esoterico dei Tantra in cui la profondità della meditazione entra e esalta l’intimo del praticante dapprima arrivando a raggiugere uno stato psicofisico di benessere attraverso l’aumento volontario della temperatura corporea, la contemplazione del Corpo Illusorio meditato elimina ogni avversione e attaccamento al mondano, attraverso il sogno meditativo si supera lo stato confusionale della mente, la meditazione prosegue incentrandosi sulla natura luminosa della mente portando al dissipamento della nescienza e dell’inconsapevolezza, ci si avvia verso l’apice dell’esperienza meditando sullo Stato Intermedio che segue la morte, si completa il ciclo trasferendo il proprio principio causale di coscienza, che qualcuno chiamerebbe Anima, in un’altra forma di esistenza, in corpo per i Bodhisattva nell’inesistenza per i Buddha. Il sistema sarà perfezionato dai successori Mi-la Ras-pa e sGam-po-pa che definiranno l’identità della corrente bKa’-brgyud intorno al 1100.

 

MONASTERO

Sarà invece nel 1400 circa che il Bauddha Tibetano comincerà a delinearsi nella sua forma definitiva che sarà un compendio della cultura e delle religioni dell’altopiano, dai culti ancestrali a quelli sciamanici, dal Bon al Bauddha nelle sue tre correnti Hināyana, Mahāyāna e Vajrayāna, l’Antica Tradizione e la Nuova Tradizione nelle loro tante correnti, ognuna lascerà la propria impronta in una fede profondamente ed estremamente spirituale. La svolta viene data dal Lama Blo-bzang-gras-pa e si diffonde nei maggiori cenobi con un’intensa attuazione della regola monastica e lo studio approfondito del Canone con un approccio consapevole dei limiti della conoscenza e della conoscibilità umana piuttosto che incentrarsi sulla conoscenza dell’essere come oggetto. La riforma porta anche un incremento nel ruolo sociale dei monaci aumentandone di conseguenza il prestigio tra la popolazione con l’effetto di moltiplicare il numero di conventi che arrivarono a divenire vere e proprie cittadelle con decine di migliaia di monaci. I testi rappresentativi della riforma scritti dallo stesso Blo-bzang-gras-pa sono il Lam rim chen mo, Il Sommo Sentiero Graduale, in cui si espone in maniera chiara, dettagliata e tecnica il non certo semplice corso dei vari stadi della pratica Bauddha Tibetana e il sNgags rim chen mo, Il Sommo Mezzo del tantra Graduale, che illustra le complesse pratiche rituali e mistiche dell’Antica Tradizione.

I Lama amministravano di fatto tutto il Tibet anche se ufficialmente il territorio dell’altopiano era ancora sotto il dominio dell’Impero Mongolo e sarà proprio da un incontro ufficiale delle più alte cariche Secolare e Spirituale che da un singolare avvenimento scaturirà la definitiva consacrazione della figura dei Lama. Nel 1578 l’imperatore mongolo Altan Khan volle incontrare personalmente il proprio omologo spirituale bSod-nams-rgya-mtsho e come da tradizione in occasioni come questa i partecipanti si scambiarono vicendevolmente un titolo onorifico. Altan Khan porta in dono la traduzione in mongolo della parte finale del nome del Lama, rgya-mtsho, oceano, che in mongolo si traduce con “Dalai”, l’epiteto traslitterato in tibetano diviene pertanto ta la’i bla ma, l’odierno e conosciutissimo appellativo di Dalai Lama. Il titolo venne esteso anche ai due predecessori dell’attuale Lama, dGe-‘dun-grub-pa e dGe-‘dun-rgya-mtsho che seguendo il sistema del sprul sku erano considerati uno la reincarnazione del precedente, finirono per identificarne il titolo di ta la’i bla ma come se appartenesse al primo di loro e perseguendo la linea del sprul sku, e ancor di più dandole in questo modo un valore ulteriormente sacrale e divino, anche i successivi Maestri, ulteriori infinite incarnazioni del primo, sarebbero stati appellati dell’ormai titolo divino di Dalai Lama, Maestro Oceanico. Si istituzionalizza in questo modo la carica di Dalai Lama e l’ufficio preposto che, su indicazione o meno del Maestro in carica, è deputato alla ricerca e alla selezione del rGyal-ba Rin-po-che, il Prezioso Vincitore, il giovane o addirittura il bambino che secondo il sistema sprul sku ospiterà in carne l’essenza dei Maestri precedenti. Ovviamente, guarda caso, il primo rGyal-ba Rin-po-che dopo l’avvento delle nuove pratiche sarà Yon-tan-rgya-mtsho, discendente di Altan Khan, suggellando il legame fra la chiesa tibetana e il potere centrale mongolo.

Questa alleanza si consolidò con l’avvento del quinto Dalai Lama Ngag-dbang-blo-bzang-rgya-mtsho che nel 1642 grazie all’aiuto militare dei mongoli di Gushri Khan, riesce a ristabilire il Potere Temporale nelle mani del clero della corrente dGe lugs pa. In questo modo il capo della chiesa diviene anche capo del Governo con la possibilità di dar luogo a un profondo rinnovamento anche politico. Per porre le basi di un nuovo Tibet, guidato da un regime ierocratico centrale, il Grande Quinto, così viene appellato il Dalai Lama, si avvale dei servigi di un amministratore laico Sangs-rgyas-rgya-mtsho, probabilmente il figlio, e della consuetudine dei Tesori con la scoperta di un opportuno scritto profetico di cui la sua figura ne diveniva la concretizzazione, riuscendo a ottenere il riconoscimento del Dalai Lama come vera a propria figura Teandrica. Il Dalai Lama diviene pertanto ufficialmente emanazione diretta del Sublime Protettore del Paese delle Nevi nonché Progenitore dei Tibetani tutti, ovvero sPyan-ras-gzigs, ovvero il Bodhisattva Avalokiteśvara, metafora della compassione misericordiosa, infinita e universale la cui dimore era, guarda caso, il Monte Potala.

Su questo monte, sullo stesso Poggio Rosso su cui Srong-btsan sGamp-po aveva eretto il suo primo fortilizio nel 1645 Ngag-dbang-blo-bzang-rgya-mtsho fa opportunamente costruire un palazzo fortezza che porterà il nome di Palazzo del Potala consacrando definitivamente il vincolo tra il massimo esponente della corrente dGe lugs pa, e il Bodhisattva Avalokiteśvara, canonizzando così irrevocabilmente la santità del Dalai Lama.

 

IL MONASTERO GANDEN

IL CANONE BAUDDHA TIBETANO

Il Canone Bauddha Tibetano è composto da oltre trecento volumi in cui sono raccolti oltre quattromila testi suddivisi fra due diverse sezioni i cui contenuti variano a seconda delle diverse edizioni anche se la sostanza rimane ovviamente immutata. Nel Canone si ritrovano secoli di speculazioni fatte da decine di popoli sul Bauddha originale con la particolare ed essenziale presenza di Hinayāna, Mahāyāna, Vajrayāna in cui si intersecano usanze e cultura di tipo sciamanico, il culto Bon, il Dao, il Ju, il Śivaismo ma anche religioni e culti più occidentali come Manicheismo, Nestorianesimo e Islam.

La raccolta principale è il bKa’‘gyur, La Traduzione del Verbo, in cui sono contenuti gli insegnamenti attribuiti al Buddha Śākyamuni, il Buddha delle origini, composto variabilmente da centoquattro o centootto volumi è organizzato sul genere dei Tre Canestri indiano, il Tripiṭaka, con una serie di testi classici ulteriormente integrato da tre sottosezioni più specifiche delle principali correnti d’influenza:

  • ‘dual ba: la regola monastica;
  • sher phyin: una raccolta di Sūtra;
  • phal chen: una ulteriore serie di Sūtra successivi;
  • dkon brtsegs: ulteriori Sūtra del Mahāyāna;
  • mdo sde: ulteriori Sūtra dell’Hinayāna;
  • rgyud sde: ulteriori Sūtra del Vajrayāna, i Tantra.

La raccolta sussidiaria è il bsTan ‘gyur, La Traduzione dei Śāstra, che espone le interpretazioni dei testi del bKa’‘gyur e la metodologia con cui attuarle, composto da duecentodiciotto o duecentoventicinque volumi, a seconda dell’edizione, che oltre ad analizzare e dissertare sulla religione tibetana affronta i più svariati temi in un florilegio di speculazioni filosofiche sulle scienze e le arti del paese, dalla grammatica al calcolo, dall’astrologia alla medicina, nella visione Bauddha:

  • bstod pa: una raccolta di Inni;
  • mdo ‘grel: una serie di commentari sui Sūtra;
  • rgyud ‘grel: Una serie di commentari su Tantra.

La redazione della versione definitiva è lo strumento e allo stesso tempo la causa della nascita della divisione fra Antica e Nuova tradizione; è infatti durante il grande lavoro di ricerca e traduzione fatto per redigere i testi, opera per la maggior parte attribuibile al poligrafo Bu-ston Rin-chen-grub intorno al 1300, richiede di separare i testi tradotti prima del 975 da quelli successivi, per il fatto che in quel periodo cambia il metodo di traduzione dei testi abbandonando un sistema che si basava su un’interpretazione induttiva, sul tipo delle allegorie, per intraprendere un visione più meticolosamente attenta alla traduzione letterale, questo grazie anche all’evolversi dei vocaboli e della grammatica tibetana; quindi invece che spiegare il testo con esempi si amplia la terminologia e il metodo di scrittura dando in questo modo anche un grosso impulso di crescita alla stessa lingua.

IL sPrul sku

Parallelamente al Canone si sviluppano testi e usi che pur non facendone direttamente parte divengono allo stesso modo componenti integranti e complementari della religione, fra queste la consuetudine più importante è certamente il sPrul sku, il Lama Reincarnato. Il termine prende origine dalla teoria dei Tre Corpi del Mahāyāna, è indica la manifestazione corporea del principio metafisico dell’essenza del Bauddha, la sua quiddità di dantesca memoria, il carattere essenziale per cui una cosa è quella che è, attraverso l’ente trascendente che è il Bodhisattva. L’interpretazione induttiva col metodo delle allegorie dell’Antica Tradizione, che potrebbe essere data ad un occidentale della quiddità potrebbe sintetizzarsi nell’assunto della “cremosità della crema”, della “legnosità del legno” fino alla “lucentezza della luce”, fino ad asserire che il viaggio di questa essenza indefinita non è altro che la trasmigrazione dell’anima in un nuovo corpo, ovvero una reincarnazione.

Secondo la teoria del Bodhisattva il Lama che ha oltrepassato ogni percorso spirituale e meditativo e ha infine conseguito l’Illuminazione che lo emancipa dal Samsāra e lo rende atto a divenire infine un Buddha, decide di rinunciare a questo dono ultraterreno per continuare ad operare sulla terra per il bene del mondo tutto secondo il principio della Compassione Infinita con addirittura la capacità di scegliere il momento, il luogo e il corpo in cui manifestarsi. I sPrul sku si rifanno a questo assunto dividendosi in due tipologie distinte, che si originano in un Bodhisattva o che si originano in un eminente predecessore. Il Dalai Lama della corrente dGe-lugs è il sPrul sku più conosciuto al mondo, la sua origine si rifà, risalendo a ritroso tutte le precedenti incarnazioni, fino al Bodhisattva per eccellenza del Bauddha Tibetano, Avalokiteśvara, essenza della pietas, della misericordia, del soccorso, dell’Amore; esattamente allo stesso modo è considerato il meno conosciuto rGyal-dbang Karma-pa, il patriarca della corrente bKa’-brgyud. Meno famosi, ancora della corrente dGe-lugs sono i Pan-chen Rin-po-che, la cui ascendenza va ancora oltre affermandosi reincarnazione del Buddha Amithābha, di cui Avalokiteśvara stesso sarebbe un’emanazione. sPrul sku meno presuntuosi, e più comuni, sono quelli che invece risalgono l’ascendenza semplicemente ad un precedente celebre e popolare Lama a cui si riconducono nel proseguo della loro opera religiosa.

La dottrina del sPrul sku espone diverse modalità attraverso le quali un eccelso Maestro o un Bodhisattva possa manifestarsi in un’incarnazione successiva a seconda degli aspetti della trasmigrazione che sono oltre alle cosiddette Tre Porte: il corporeo, l’orale e il mentale, le qualità naturali e le capacità educatrici. La trasmigrazione può avvenire con il trapasso di tutte e cinque le peculiarità in un solo individuo ma anche che le caratteristiche di un Lama o di un Bodhisattva trasmigrino in cinque diversi individui o addirittura che in un solo individuo siano trasmigrate le essenze di cinque diversi Lama o Bodhisattva. La trasmigrazione non avviene in tempo reale, ovvero non è che alla morte di un Lama questo automaticamente si trasferisce in un nuovo nascente corpo ma si manifesta, nel momento in cui è opportuno che si manifesti, in un tempo, un luogo e in un essere già vivente ben precisi, la cui individuazione viene effettuata da un’apposita commissione secondo le indicazioni che lo stesso Lama in procinto di lasciare questo mondo, lascia ai propri discepoli. Nel caso del Dalai Lama i risultati di questa ricerca vengono sottoposti ad un severo esame e alla consultazione dell’Oracolo di stato. La pratica del sPrul sku è già presente nelle consuetudini Bon e successivamente nella corrente bKa’-brgyud ma sarà soltanto con l’affermazione del dGe-lugs pa che ne riceverà la sacralità ufficiale e religiosa.

 

IL XIV DALAI LAMA - TENZYN GYATSO

Il Bar do thos grol

Un testo importante del Bauddha Tibetano è il Bar do thos grol, La Liberazione dallo Stato Intermedio attraverso l’Udire, meglio conosciuto come il Libro Tibetano dei Morti; un manuale contenente informazioni escatologiche che devono essere bisbigliate al morente per aiutarlo a districarsi negli eventi che seguiranno la morte in terra del suo corpo e per una durata figurativa di sette settimane, affinché questi, ben indirizzato addivenga Buddha o Bodhisattva e non rischi di ricadere a causa dell’onnipresente Karma, nelle spire del Saṃsara. Nel momento del trapasso, quando sia richiesto o si ritenga che il morente necessiti di un aiuto per giungere all’Illuminazione, viene letto il testo da un Sacerdote per supportare il morente nell’intricato percorso che sta per dipanarsi davanti a lui, dopo la morte l’essenza è proiettata in un vortice di sensazioni e di immagini luminose che, ancorché generate dalla sua stessa mente finiscono per prendersi gioco di lui confondendolo. Le parole bisbigliate aiutano a realizzare che tali manifestazioni sono solo il risultato del proprio Karma e solo la loro piena comprensione può condurre a tale consapevolezza per arrestare definitivamente il ciclo delle rinascite e affrancarsi da esso divenendo in Buddha.

Nel titolo è contenuta la parola Bar do, Intervallo, che indica il tempo che c’è fra una rinascita in carne e una nuova morte in terra, quindi la vita stessa è parte di un intervallo fra una morte e l’altra da qui si manifesta l’assoluta importanza e necessità della morte, considerata l’evento più importante dell’esistenza perché il solo che può porvi definitivamente la fine, sempre che la pratica porti all’illuminazione o che la lettura del Bar do thos grol, giunta in estremo soccorso, non rimedi quanto mancante dalle meditazioni attuate. Il Bar do individua quattro fasi che portano al momento dell’Illuminazione che sono puntualmente, crudelmente e drammaticamente descritte nel testo: lo Stadio della Vita, che va dalla nascita fino all’attimo che precede la morte con la descrizione delle eventuali agonie patite; lo Stadio del Decesso, che descrive i momenti dell’ultimo respiro; lo Stadio della Realtà Assoluta, l’attimo che ne consegue; lo Stadio dell’Esistenza, qualora il processo riporti il deceduto nel ciclo del Saṃsara. Quanto appreso negli ultimi istanti dello Stadio del Decesso diviene l’arma da utilizzare in quello della Realtà Assoluta per emanciparsi dal Saṃsara, anche con apposite pratiche Yoga, per divenire entità trascendente o trasferire la propria essenza in una nuova vita prescelta. È nella fase finale del Bar do che si manifesta l’ultima opportunità di vincere le naturali pulsioni Karmike incessantemente presenti, il profondo confondimento a cui il deceduto è sottoposto rende estremamente difficoltoso discernere le illusioni, oserei dire le tentazioni mondane, dalla sublimazione nella beatitudine dell’inesistenza; la tempesta di suoni e luci post mortem si confonde con visioni incisivamente reali del Maṇḍala delle Cento Deità distorte nella versione carismatica e contestuale di Placide e Irate, della stessa sostanza dei cinque elementi cosmogonici: terra, acqua, fuoco, aria e etere, in toto manifestazione della incompatibilità con esse, solo tale discernimento può condurre alla liberazione e il Bar do thos grol è lo strumento ultimo per assistere e esortare il morente a non abbandonarsi alle illusioni nello Stadio della realtà Assoluta. E infine addivenire al non esser più, al non esser stati, al non esser mai stati, come Buddha, oppure all’eterna esistenza come Bodhisattva, a voi la scelta.

LA PRATICA

La prassi del Bauddha Tibetano affonda le proprie radici nella ritualità dell’Antica Tradizione rivisitandone parzialmente alcune modalità e centralizzando l’influenza del Vajrayāna già enfatizzato dalla presenza di Tantra che ne divengono il fondamento soprattutto nelle fasi ultime della via che mena all’Illuminazione o al divenire in Bodhisattva.

L’antica Tradizione individua un percorso che ricomprende le due modalità di classificazione dell’immenso corpo di precetti della Dottrina; il primo che lo suddivide fra il Mezzo dei Sūtra, quello di Hināyana, Mahāyāna e il Mezzo dei Tantra, il Vajrayāna, ormai divenuto ufficialmente Tantrayana; il secondo che più semplicemente lo ordina nelle tre correnti di Hināyana, Mahāyāna e Tantrayana. L’elencazione delle pratiche diviene pertanto un crescendo che dalle pratiche più vicine alle origini Bauddha si innalza nell’esoterismo più spudorato del Tantrayana, il percorso viene conosciuto come I Nove Mezzi Graduali, che ne evidenzia appunto la progressione nella difficoltà di apprendimento ma anche di esecuzione accrescendone la profondità spirituale in base alle capacità del praticante, che mano a mano vanno crescendo, e incrementandone contemporaneamente la segretezza, come in un culto Misterico, riservando gli insegnamenti più elevati solo a coloro che manifestano la capacità di poterli apprendere. I Nove Mezzi dell’Antica Tradizione si snodano secondo un cammino tortuoso che tocca le fondamenti delle tre correnti e che potremmo sintetizzare in questo modo:

Il Mezzo dei Sūtra ----- Il Mezzo Minore   ----- 1) Il Mezzo dei Discepoli Uditori

                                                                      ----- 2) Il Mezzo dei Buddha Individuali

                              ----- Il Grande Mezzo     ----- 3) Il Mezzo dei Bodhisattva

Il Mezzo dei Tantra ----- I Tantra Esterni ----- 4) Kriyātantra

                                                                       ----- 5) Upatantra

                                                                       ----- 6) Yogatantra

                                ----- I Tantra Interni     ----- 7) Mahāyoga

                                                                        ----- 8) Anuyoga

                                                                         ----- 9) Atiyoga

Il Mezzo dei Sūtra o della Causa, definito il Sentiero della Rinunzia, Spong lam, è l’inizio del cammino e, nella più profonda tradizione Bauddha, è il momento in cui si deve prendere la prima fondamentale decisione della soppressione dei desideri terreni e del legame con il mondano, da qui nasce la consapevolezza dell’origine della realtà fenomenica. Questo Mezzo comprende le pratiche più naturalmente essoteriche delle due correnti primarie: Il Mezzo Minore, l’Hināyana, quello degli Arhat, che a sua volta si scinde nel Mezzo dei Discepoli Uditori, ovvero coloro che seguono gli insegnamenti originari di Siddharta Gautama, per una corretta conduzione della vita monastica, e nel Mezzo dei Buddha Individuali, quello di coloro che aspirano a divenire nell’Illuminazione senza preoccuparsi del benessere altrui e il Grande Mezzo, il Mahāyāna, che si estrinseca nel Mezzo dei Bodhisattva, coloro che invece antepongono il benessere altrui rinunciando al compimento dell’Illuminazione e al divenire nel Nirvāna, in cui il percorso si completa nella compassione misericordiosa verso le creature tutte.

Il Mezzo dei Tantra, in cui il pragmatismo delle tecniche supera la speculazione filosofiche incentrando la meditazione su figure divine che vanno via via scomparendo per essere sostituite dal meditante stesso, atto che mal interpretato dai detrattori ne ha diffuso la falsa intenzione di innalzarsi a tal punto da sostituirsi a Dio. In realtà come ben sappiamo il Bauddha non nasce come religione e tantomeno menziona mai un Dio Creatore, Siddharta Gautama non tratta nemmeno l’argomento includendo ogni divinità, pur se beata, tra coloro che comunque devono intraprendere la faticosa Via dell’Illuminazione se decideranno un giorno di abbandonare tale beatitudine per affrancarsi dal Samsāra e lo dovranno fare in forma umana. Il percorso si apre fra Tantra Esterni e Interni che a loro volta si sviluppano in specifici Mezzi.

 


BONZI IN PREGHIERA

I Tantra Esterni sono definiti il Sentiero della Purificazione, dell’affrancamento dagli istinti e dalle passioni mondane tramite il Kriyātantra, lo stadio dell’azione puramente rituale, qui si esterna la vera natura per il tramite delle Tre Porte, corpo, voce e mente, la meditazione si incentra sulla divinità guida in un rapporto di subordinazione. Segue l’Upatantra, attraverso il quale le due verità assoluta e relativa convergono per lasciare il posto ad una verità trascendente, il rapporto con la divinità è di uguaglianza ma non di identificazione, permane ancora una certa essenzialità dei riti ma aumenta l’importanza della meditazione e della contemplazione. Si raggiunge poi la fase dello Yogatantra in cui il meditante contempla sé stesso al centro del Maṇḍala mirandone alla perfetta fusione non come trasformazione ma come l’acqua si scioglie nell’acqua. In questa fase i riti hanno un aspetto secondario in quanto l’azione meditata è fondate nell’introspezione meditativa.

Gli ultimi tre Mezzi sono i Tantra Interni, sono quelli del Sentiero della Trasformazione, la fase esoterica in cui le divinità non hanno più alcuna influenza, la percezione della Realtà Fenomenica si traducono nel Maṇḍala delle divinità archetipiche e delle rispettive paredre, le passioni, ancorché mondane, divengono strumento di trasformazione spirituale e le due verità sono contemplate indivisibili. Ci si introduce per mezzo del Mahāyoga, in cui la realtà fenomenica è contemplata attraverso la sua propria vacuità, tutto è manifestazione dell’assoluto; le divinità meditate sono qui emanazioni della coscienza del meditante, in questa fase la luminosità della mente Buddhica si unisce alla vacuità, essenza dell’Illuminazione. Si accede poi all’Anuyoga, in cui viene meno la visualizzazione delle figure divine archetipiche tramite la manipolazione degli elementi del Corpo Illusorio, i Canali di Energia Vitale, il Flusso dell’Energia e la sua germinazione; il nucleo del Maṇḍala è il meditante divenuto Yogin, al culmine della pratica si raggiunge lo stato di beatitudine della realtà assoluta. Chiude il percorso l’Atiyoga, il Sentiero dell’Autoliberazione, in cui lo stato Buddhico, sopito ma da sempre presente, si esalta nel risveglio spirituale immediato, unione della coscienza trascendente e della vacuità di cui quella stessa è sostanziata. L’Atiyoga diviene rDzogs-chen, considerato oltre la stessa via del Tantra, apice dei Nove Mezzi, il Grande Compimento, la Grande Perfezione, lo Yoga Supremo, l’espressione più elevata ed essenziale di tutte le Dottrine del Bauddha Tibetano.

Lo rDzogs-chen si struttura in tre momenti del processo spirituale, il fondamento, il frutto e il nesso, il continuo spazio temporale fra le prime due fasi che già nella sua definizione diviene vacuità essendo questi due momenti nient’altro che due aspetti simultanei della stessa realtà trascendente e proprio questa comprensione conduce alla piena maturazione del frutto: lo stato Buddhico, essenziato di vacuità, formato di purezza primordiale e realizzante in sé il suo fine, causa unica e ultima della realtà.

La Nuova Tradizione centralizza l’esoterismo dei Tantra elaborando I Nove Mezzi in un ulteriore enfatizzazione dei Tantra e della loro superiorità meditativa che si sintetizzano in questo modo:

Il Mezzo dei Sūtra ----- Il Mezzo Minore  ----- 1) Il Mezzo dei Discepoli Uditori

                                                                        ----- 2) Il Mezzo dei Buddha Individuali

                              ----- Il Grande Mezzo     ----- 3) Il Mezzo dei Bodhisattva

Il Mezzo dei Tantra ----- I Tantra Inferiori ----- 4) Kriyātantra

                                                                         ----- 5) Upatantra

                                                                         ----- 6) Yogatantra

                               ----- I Tantra Superiori ----- 7), 8), 9) Anuttarayoga

L’Anuttarayoga, lo Yoga Insuperabile, sostituisce i Tantra Interni strutturando la meditazione in due tecniche susseguenti lo Stadio di Generazione, in cui l’universo fenomenico viene visualizzato in Maṇḍala in cui tutte le creature senzienti sono portate al risveglio spirituale tramite la divinità archetipica evocata dal meditante fino alla completa identificazione fra meditante e meditato uniti dalla loro natura trascendente; segue lo Stadio di Perfezione, in cui si ha il pieno controllo dei Canali di Energia Vitale, del Flusso dell’Energia e della sua germinazione, componenti del Corpo Illusorio. L’acme della meditazione porta al riconoscimento della realtà trascendente della divinità con la quiddità della mente primordiale del meditante stesso, senza forma e attributi, indeterminata e indeterminabile, lucente della consapevolezza del tutto trascendendo la dualità della realtà. I Tantra fondamentali si dividono in Tantra Paterni, Tantra Materni, in cui prevale la simbologia femminile e che portano al raggiungimento della Natura Luminosa della Mente e Tantra Nonduali, in cui trascendendo ogni livello di meditazione si contempla direttamente la Natura Buddhica insita naturalmente in ogni essere; il più noto dei Tantra di questo stadio è il Kālacakra, il Circolo del Tempo, in cui il Buddha primordiale, l’Ādhibuddha, si manifesta quale archetipo di spazio e tempo, uniti e unici.

La Nuova Tradizione subisce però la supremazia del rDzogs-chen, in cui le due tecniche di meditazione vengono sostituite dal kHregs chod, il Disgregamento e dal tHod rgal, la sublimazione. Con il kHregs chod il meditante raggiunge la realizzazione del reale assoluto per il tramite del riconoscimento della natura essenziale dell’essere, trascendenza della Buddhità, nel tHod rgal, attraverso sofisticatissime pratiche yoga si raggiungono esperienze visionare di luce che convertono il corpo dello Yogin in pura energia iridescente, il meditante diviene Corpo Iridato, Arcobaleno, pura e sola energia dell’Illuminazione per l’Illuminazione, scusate il gioco di parole. Le scritture estremamente esoteriche e mistericamente riservate solo e soltanto agli Yogin, esplorano la mente primordiale, la espandono nella sua cosmicità, per arrivare alla comprensione dei testi delle istruzioni definitive e segrete per divenire in pura e sola energia.

 

GLOSSARIO
 


Ka’-brgyud: la trasmissione del verbo del Buddha, corrente sincretica del rDzogs-chen che unisce l’essoterico dei Sūtra con l’esoterico dei Tantra.

bKa’ gdams: la Nuova Tradizione istituita nel 1057 da ‘Brom-ston rGyal-ba ‘i byung-gnas, discepolo di Atisa.

bKa’ gdams pa: gli insegnamenti della Nuova Tradizione ma anche i seguaci della Nuova Tradizione.

dGe-lugs: il Bauddha Tibetano, la versione sincretica della religione definita con la redazione del Canone in cui l’esoterismo Tantra viene fortemente limitato nelle fasi meditative del percorso e viene praticato solo nelle fasi finali che solo con tale intervento possono portare all’Illuminazione.

dGe-lugs pa: gli insegnamenti del Bauddha Tibetano ma anche i seguaci del Bauddha Tibetano.

gSar ma: la nuova tradizione che si basa prevalentemente sulla mitezza della visione Hināyana include le correnti nate dopo il 975.

gSar ma pa: gli insegnamenti della Nuova Tradizione ma anche i seguaci della Nuova Tradizione.

Mandala: visualizzazione dell’Universo con al centro la divinità o, a seconda del grado di meditazione, lo stesso meditante circondato dalle paredre deità maschili e femminili situate agli estremi opposti. Il Mandala è essenziale per l’elevazione nella meditazione per il raggiungimento finale dell’illuminazione.

 

rDzogs-chen: corrente esoterica del Vajrayāna, rimane nella versione depurata come meditazione finale del dGe-lugs che sola può portare all’Illuminazione.

rNying ma: l’antica tradizione che unisce i pensieri Hināyana, Mahāyāna e Vajrayāna trascinandosi

dietro le fondamenta della religione preistorica e la struttura teocratica del Bon, include le correnti nate dal 622 al 975.

rNying ma pa: gli insegnamenti dell’Antica Tradizione ma anche i seguaci dell’Antica Tradizione.

Sa-skya: corrente fondata nel 1073 che reintroduce fortemente l’influenza dei Tantra.

Sa-skya pa: gli insegnamenti del Sa-skya ma anche i seguaci della Sa-skya.

sPrul sku: Lama Reincarnati

Tantra: i mantra del Vajrayāna che basano la meditazione sulla visualizzazione del Mandala.

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CHENRESI: sPyan-ras-gzigs, che guarda con occhi limpidi, forma di Avalokiteśvara, essere votato all’illuminazione, rappresentato con undici teste e mille braccia. Padre fondatore della popolazione tibetana. Il Dalai Lama è considerato la sua incarnazione. Il suo mantra recita “Om mani padme hum” che manifesta l’intimo desiderio di liberazione dal Samsāra.

DAM-ČAN: mGar-ba nag-po, il fabbro nero, protettore della religione che ha giurato di difendere. Raffigurato mentre si porta alla bocca il cuore e la lingua dei nemici della dottrina.

GESAR: ke-sar personaggio principale dell’epopea nazionale tibetana. Figlio di dèi viene sulla terra come ragazzo povero, il suo nome è Jo-ru. Vince i demoni e sale al trono di nuovo come figura divina. Il suo nome deriva dall’imperatore romano Cesare, la cui potenza e grandezza era conosciuta fino in Tibet.

KEURIMA: gruppo di otto dee furiose. Avvolte da fiamme e con movimenti selvaggi hanno il compito di purificare la coscienza, emanazioni esoteriche del cervello quale loto ad otto foglie.

SHEN IHA ÖKAR: dio della luce bianca da cui sono usciti per emanazione tutte le divinità. Nel filone Lama del Bauddha diviene dio della saggezza.

SHRĪDEVĪ: dPan-ldan lhamo, dea terribile, annota i peccati degli uomini su di un’apposita asta che avrà un ruolo importante nel giudizio dei morti. Concede aiuto a chi ha fede e giudica i nemici del Buddha. Nume tutelare, patrona di Lhasa e protettrice del Dalai-Lama. Le immagini la riportano a cavallo di un mulo con redini composte da serpenti, nella destra l’asta del giudizio nella sinistra ha un cranio.

sK’YUN KA’I MGO- ČAN: mitico dio uccello in diretto rapporto con il sole.

YIDAM: divinità tutelare personale preferita, fra le più adottate Chenresi, le Dākinīs e l Tāra verde, contemplata in meditazione con il terzo occhio. Si manifesta con caratteristiche di pace o furiose, entrambe necessarie per raggiungere l’illuminazione.