QUANDO IL GATTO CI METTE LA CODA
Puffy era arrivato alla fattoria come regalo fatto da un amico di
un amico di un amico, come sempre succede quando uno si ritrova con una
nidiata di sette od otto bellissimi micetti e non sa proprio dove
infilarli, come crescerli e non vuole certo abbandonarli da qualche
parte. Non rimane quindi che regalarli a qualcuno pur di disfarsene
senza mettere in pericolo la loro tenera e pelosa vita. Una famiglia con
dei bambini piccoli e che vive in campagna all’aria aperta è
sicuramente la miglior dimora per qualsiasi animale, figuriamoci per dei
gatti, curiosi, impiccioni e astuti come sono troverebbero sicuramente
il modo per divertirsi e infastidire tutti gli altri senza danni, colpe o
svantaggi per loro stessi. Il piccolo gattino, a cui era stato dato il
nome di Puffy, proprio perché appariva come un batuffolo di cotone,
tanto era il pelo che circondava il suo esile corpicino, in breve tempo
era diventato un enorme micione, con una coda lunga lunga, un mantello
folto di color ambrato, due orecchie enormi, un bel paio di baffi lunghi
lunghi e celati in una foresta di peli, due grandissimi occhi marroni,
vispi e maligni. Puffy che non era per niente tenero come il suo nome
avrebbe potuto far pensare, non era nemmeno poi così cattivo come gli
altri animali della fattoria lo ritenevano. Sì certo, è vero, rincorreva
tutti gli animali della fattoria, pulcini, galline, oche, maiali e
perfino il cane Fulmine che ormai non riusciva più a tenere il passo con
il proprio nome; faceva grosse scorpacciate di topi, ratti e uccellini,
come tutti i gatti d’altronde e quindi non era in fondo diverso da
qualsiasi altro gatto e in fondo non faceva altro che seguire il suo
istinto naturale. Ma la vera malvagità del perfido Puffy era in realtà
tutta nascosta dietro la sua pungente e sveglia maliziosità.
A Puffy piaceva un sacco passeggiare per la fattoria, gironzolava
di qua e di là senza una meta precisa alla ricerca di qualche guaio, di
un allocco da prendere in giro o di una bella zuffa in cui infilarsi.
D'altronde per lui non era come per tutti gli altri animali che avevano
il loro posto dove stare, quello in cui andare e quello a cui non si
potevano nemmeno affacciare. No lui aveva aperta ogni porta, fosse
quella del trogolo dei maiali che quella della cucina del contadino e se
per caso ne avesse trovate di chiuse, avrebbe sicuramente trovato il
modo per infilarsi, sinuoso com’era, in qualche fessura che l’avrebbe
fatto arrivare ovunque. Bighellonava senza un posto verso cui andare e
poi d’improvviso entrava nelle stalle, si accoccolava da qualche parte,
in quella sua strana forma a ciambella pelosa o cominciava a leccarsi ed
a pulirsi ben bene il suo folto mantello di pelo e tra una slinguata e
l’altra trovava sempre il tempo per tormentare i poveri animali che gli
fossero capitati a tiro.
<Sì sì, brave brave mucche, lasciate pure che il contadino vi
munga> prendeva a dire rivolgendosi alla famiglia Vitelloni che se ne
stava tranquilla a ruminare il fieno <Regalategli ogni giorno il
vostro buon latte, che quando poi non sarete più in grado di farlo o
quando una mattina si dovesse alzar male, con il naso storto o con il
vento che gli rigira i capelli, deciderà all’improvviso di mandarvi al
macello, così senza avvertir nessuno. Allora addio care mucche, tutte
bistecche e bollito, ossi buchi e filetto. Eh sì belle mie è proprio
così che vi ringrazierà il contadino, tanti saluti a tutte buon
appetito. Io invece me la godo, servito e riverito. Perché io son gatto e
non ho da far servigi a nessuno per meritarmi il pasto> e continuava
a pettinare il suo pelo e a ripulire la sua coda fino a che non gli
veniva voglia di prendersela con qualcun altro allora riprendeva il suo
vagabondaggio verso la prossima vittima della sua lingua maliziosa.
Il perfido Puffy era un davvero un tormento per tutti e quello che
faceva maggiormente imbestialire i poveri abitanti della fattoria era
vedere il gattaccio in mezzo all’aia, lanciare il suo mieloso miagolio
mentre con la coda dritta si strusciava subdolo alle gambe di chi
passava di là, pronto ad essere coccolato e accarezzato. E tutti giù ad
ammirarne e esaltarne i pregi, quanto fosse grande, quanto fosse bello,
che bel vestito di pelo avesse e così via e il malefico micio se ne
stava lì beato a farsi lodare e a gongolare degli elogi a lui riservati
mentre gli altri animali si dovevano meritare con il lavoro ogni pasto,
figuriamoci un complimento.
Era un pomeriggio come tanti, il sole stava per incominciare la
sua lenta discesa verso il tramonto e gli animali si preparavano
all’ultimo pasto prima di andarsene a riposare. Puffy era intento a
lustrare la sua peluria, leccandosi in una posa acrobatica mentre stava
in equilibrio sulla staccionata vicino al trogolo dei maiali i quali
tranquilli tranquilli grufolavano e si abbuffavano del loro squisito
pastone quotidiano, intanto il gatto per non smentirsi aveva attaccato
con la sua solita solfa.
<Ah! Io si che son beato, servito e riverito, lisciato e
coccolato, nutrito e curato, basta un miagolio fatto storto che subito
tutti si preoccupano per me e si premurano che non mi manchi nulla.
Povero micetto, mi dicono, stai miagolando, hai bisogno di qualcosa, hai
fame, vuoi del buon latte o un forse vuoi un po’ di carezze>
blaterava il malefico Puffy, tormentando la povera famigliola Maialotti e
poi ancora <Invece voi, ah poveretti! Mangiate mangiate e poi puff,
tutti prosciutti e salamini, porchetta, zampone e cotechino, mangiate
mangiate e diventate belli grassi così il contadino vi pesa e se gli
andate a genio, vi trasforma in rigatino in men che non si dica>
miagolava Puffy, tormentando e terrorizzando i poveri porcelli rosa ai
quali invece piaceva tantissimo riempirsi il pancione con il pappone che
il contadino preparava per loro. E Puffy miagolava, miagolava e si
leccava, si leccava e miagolava ed era così intento a prendere in giro i
maiali che non si avvide che stava sopraggiungendo il contadino.
L’omino guidava il suo carretto sgangherato di ritorno dal lavoro nei
campi e appena vide il gatto appollaiato sullo steccato pensò bene di
passargli vicino e di prenderlo al volo per coccolarlo un po’,
strusciarselo un poco addosso e fargli tante tante carezzine e tante
coccole, aveva proprio voglia di tenerlo in braccio e di sentirlo
ronfare mentre faceva le fusa con quel suo rumore cosi buffo e
piacevole, rrrrrroooonnnnrrrrooonnnn e poi ancora
rrrrrroooonnnnrrrrooonnnn.
Accadde tutto in un attimo, sbadato fu il fattore che con le ruote
davanti colpì lo steccato, facendo definitivamente perdere l’equilibrio
al gatto che già se ne stava instabile sopra la staccionata, sbadato fu
Puffy che non si era avvisto dell’arrivo del padrone e che in un
battibaleno precipitò a terra lanciando un miaoooooooooo di terrore e di
sorpresa. Tutto sarebbe finito lì, con uno spavento e un batticuore se
il ciuchino Orecchione si fosse fermato in tempo ubbidendo agli ordini
del contadino ma il testardo animale invece proseguì il suo passo, senza
dar retta agli ordini e senza curarsi della bestiola miagolante.
Orecchione proseguì, il carretto andò ancora avanti e la coda del gatto
Puffy finì dritta dritta sotto le ruote mentre ancora miagolava le sue
solite parole.
<Tutte bistecche…..miaooooooooooooo!>
Il contadino si precipitò in suo soccorso e portatolo in casa si
preoccupò immediatamente di chiamare il veterinario per prestare le cure
del caso al gatto incidentato, il quale mesto e pesto se ne stava
immobile senza miagolare e senza alzare la testolina. Il perfido Puffy
aveva avuto infine una bella punizione per la sua maliziosità e la sua
superbia. La coda infatti si era spezzata in due e il dottore era stato
costretto a pelarla tutta e a fare una buffa ingessatura a forma di
bastone che costrinse il micio a strascicarsi dietro la sua nuova coda,
pesante com’era, per un bel po’ di giorni, tra le risate e le prese in
giro di tutti gli animali della fattoria. Quando poi il gesso fu tolto
ancor di più lo canzonarono e risero di lui, costretto a nascondersi in
casa per un bel pezzo, per non farsi vedere in giro con la sua coda rosa
rosa tutta spelacchiata. Ma anche quando il pelo fu ricresciuto, folto e
lungo, non pose rimedio al danno irreparabile che era stato causato, la
coda dell’ormai buffo micio se ne stava dritta dritta fino a metà per
poi curvare inesorabilmente ed irrimediabilmente in una svolta decisa e
visibile, sì che Puffy da allora fu costretto ad andarsene in giro mogio
e silenzioso senza più canzonar nessuno, tanta era la vergogna per
quella specie di punto interrogativo che si era ritrovato al posto della
coda e per l’intera fattoria fu un gran sollievo e una vera
soddisfazione, la calma era finalmente tornata.